L’arte della gioia

di Massimo Mondini

Il termine gioia si utilizza sempre meno, negli ultimi anni si è utilizzato molto di più “felicità” o “piacere”, ma non sono assolutamente la stessa cosa, non sono solo sfumature, cambia proprio l’essenza del significato. 

La gioia è un altra cosa: quando siamo in uno stato gioioso c’è una sensazione di godimento della situazione ma anche un qualcosa di più profondo. I maestri antichi dicevano che la gioia deve essere non come uno scoppio di felicità, cioè come un fuoco che divampa, ma come una piccola fiammella, calda e discreta, che brilla sempre e suggerivano di vederla e sentirla vicino al cuore.

Nella cultura contemporanea materialistica la gioia è solitamente intesa come qualcosa che proviamo quando ci succede qualcosa di bello, come ad esempio riuscire a raggiungere un obiettivo personale importante oppure nei momenti di intensa connessione coi nostri cari e normalmente è considerata una condizione abbastanza fugace. 

Nella maggior parte delle tradizioni spirituali e nelle religioni la gioia massima è rappresentata dal conseguimento dell’unione con Dio o dell'unione col tutto, ed è già possibile sperimentare a tratti questo tipo di gioia grazie alla preghiera, a determinati stati di meditazione o anche nella vita quotidiana, agendo in linea coi precetti della propria religione. 

Nel Movimento Arcaico siamo convinti che la gioia, cioè quella fiammella, sia e debba essere la condizione naturale dell'essere umano. E viviamo questa naturalezza di frequente.

È ovvio che situazioni favorevoli o eventi particolarmente felici, positivi e godibili possano essere utili per alimentarla, ravvivarla o per esserne più consci, ma è importante sapere che, in realtà, questa gioia è connaturata alla vita stessa dell'essere umano.

Ma se è connaturata, perché non siamo sempre, o quasi, in uno stato di piacevole e tranquilla gioiosità?

Purtroppo è evidente che la maggior parte delle persone non navigano nella gioia, si vede dalle espressioni sui volti, si vede da come molti camminano e appare ancora più ovvio sentendo ciò che la gente racconta della propria vita e delle proprie giornate. Anche a livello di percezione fisica, chiedendo a chi conosciamo, possiamo notare che molti al livello di torace, più che il calore e la luce, sentono peso o tensione o “un vuoto”. 

Nella società contemporanea ci sono molti elementi nocivi che affossano questa gioia già dall'infanzia e che continuano a minarla anche in età adulta.

  • gli imprinting familiari e scolastici
  • la monotonia
  • la routine
  • l'omologazione e i tentativi di omologazione
  • essere sottoposti al giudizio degli altri
  • il distacco dall’ambiente naturale 
  • la mancata accettazione di sé stessi o di alcune caratteristiche di sé stessi
  • le tensioni corporee
  • le difficoltà nelle relazioni sociali
  • la carenza di gioco e giocosità
  • il riduzionismo, il materialismo e il relativismo
  • percepire di non avere uno scopo nella propria esistenza
  • le incertezze sul senso della vita

Questi fattori necessitano di essere depotenziati e in certi casi serve proprio l’antidoto specifico per ognuno di essi.

Ma non è necessario avere una vita perfetta, senza difficoltà o momenti tristi anzi è molto importante sapere che NON sono le fonti di tristezza o i momenti di disagio o le difficoltà in generale a disperdere la gioia anzi la possono anche aumentare… è la monotonia e la mancanza di occasioni di riscatto successiva.

Nei momenti in cui arriva un’emozione negativa o una preoccupazione non necessariamente si spegne la gioia, anzi se sei in contatto con la gioia, questa diviene proprio la scintilla vitale che ti fa reagire nel modo migliore. Ovviamente un'emozione negativa forte può provocare un grande stress e può rendere difficile o impossibile percepire la gioia per un po’ di tempo, ma difficilmente avrà un effetto duraturo o definitivo.

Ma non è solo un fattore emotivo naturale, è anche culturale, ma questo lo vediamo altrove.

Quali sono invece i fattori che alimentano  rinvigoriscono la gioia?

Innanzitutto bisogna sapere e ricordare come scritto poco sopra che la gioia è la condizione naturale e che quindi non è necessario svolgere delle attività particolari con lo scopo di ottenere questo tipo di gioia, anzi, per certe persone, cimentarsi in pratiche per favorire la gioia naturale con regolarità è controproducente. Infatti proprio perché si tratta di un fenomeno spontaneo è meglio semplicemente lasciare che avvenga e non forzarlo.

Ci sono delle azioni che possono avere obiettivi e effetti diversi e che collateralmente ci aiutano a percepire ed alimentare la gioia.

In particolare ci sono alcune dinamiche di vita che sono dei precursori della gioia.

Connessione con gli altri

Il semplice relazionarsi ad altri non basta perché si verifichi una accensione appropriata e inequivocabile di gioia. Solitamente la connessione deve avvenire su uno di questi livelli:

  • gioco
  • accudimento 
  • cooperazione per obiettivi comuni
  • convivialità

Siccome ho già scritto su questi temi, rimando agli articoli precedenti per approfondire le loro caratteristiche funzionali. 

Purtroppo per molte persone le suddette occasioni si verificano sempre più raramente e per molti altri quando si verificano spesso sono più fonte di stress che di gioia, come ad esempio se un genitore deve accudire un figlio (o viceversa) ma non è sostenuto adeguatamente dalla società oppure se nelle occasioni di convivialità e di incontri non ci sentiamo sicuri di noi e ben predisposti verso il prossimo.

Connessione con l’ambiente

La connessione profonda con l’ambiente nasce dall’incontro con un ambiente naturale (come può essere un bosco, il mare, il deserto o anche in certi casi un albero qualsiasi dietro casa).

Non basta semplicemente essere lì, per connettersi veramente all’ambiente e permettere alla gioia di alimentarsi di questo momento è necessario farlo in un certo modo.

Innanzitutto serve il movimento: il movimento è la verifica dell’esistenza della volontà. Noi pensiamo di muoverci e ci muoviamo, pensiamo di andare da un punto A ad un punto B e lo facciamo e questo già crea i presupposti. Ma se nel farlo non attiviamo il nostro movimento naturale più efficiente allora sentiremo una serie di distorsioni del segnale della verifica della realtà per il semplice fatto che sentiamo delle tensioni e delle dispersioni di energia cinetica, cioè sentiamo che il nostro movimento non è ottimale.

Invece quando si aggancia il Movimento perfetto (o quasi) allora tutto fluisce, e, anche se dovesse esserci una tensione, comunque la gioia si accende.

Inoltre è fondamentale che il movimento sia fatto rispettando la nostra struttura e il nostro sentire, quindi non deve essere un gesto tecnico o troppo pensato o qualcosa di adatto al corpo di un altro ma deve essere l’espressione naturale del nostro modo di essere.

Quindi ambiente naturale e movimento e… i sensi.

Ciò deve esserci una certa attivazione sensoriale, cioè non ci dobbiamo limitare a percepire lo spazio intorno a noi ma in qualche modo dobbiamo co-crearlo, come un grande attore che “riempie” il palcoscenico.. è una questione di misura e di presenza, di proporzioni e di adeguato rilassamento. In sintesi deve essere un gioco.

In certi casi la gioia col movimento/esplorazione/gioco si può attivare anche senza un contatto con l’ambiente esterno, può bastare fare qualche passo e qualche movimento fluido anche sul pavimento di casa o di una palestra, con l'atteggiamento adeguato diviene molto facile… ma la connessione con l’ambiente naturale rende molto di più.

Non confondiamo la Gioia con lo stato di Flusso su cui tanto ha scritto Csikszentmihalyi, lo stato di Arcaico è ben diverso : -)


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