Ansia e asma: cosa nasce prima?

di Nicolò De Leuce

Sergio è un ragazzo di 32 anni, che mi ha contattato a causa di leggeri attacchi di asma: in particolare vorrebbe liberarsi della dipendenza dall’inalatore, che si usa spesso come primo intervento in questi casi.

Ansia e attacchi di asma

Nel corso della conversazione iniziale emerge che i suoi attacchi di asma sono sempre preceduti o accompagnati da uno stato interiore di ansia, a volte opprimente e altre volte appena percepita, ma comunque sempre presente in queste occasioni. Dopo averci riflettuto un momento, aggiunge che a volte non capisce se è l’ansia a scatenare le difficoltà respiratorie o se al contrario è la paura di cominciare a respirare male a fare da stimolo ansiogeno.

Iniziamo la sessione con un rilassamento guidato a terra, in cui si focalizza l’attenzione prima sul proprio respiro, lasciandolo fluire liberamente, e poi su diverse parti del corpo ascoltando le sensazioni fisiche e lasciando andare le tensioni muscolari. Dopo il rilassamento ci alziamo in piedi e chiedo a Sergio di pensare all’ultima volta che ha avuto problemi respiratori, o ad una situazione pratica che solitamente lo fa entrare in uno stato di ansia.

Mi descrive una situazione di vita quotidiana risalente a due settimane prima, in cui si era trovato di fronte a una piccola decisione da prendere che riguardava il proprio lavoro e altre persone della famiglia: in quell’occasione il livello di ansia era salito rapidamente e, nonostante fosse cosciente di riuscire ancora a respirare, aveva scatenato un’opprimente sensazione di soffocamento.

Durante il breve racconto osservo la postura di Sergio e gli chiedo di fare altrettanto, ascoltando poi come sente il respiro e la voce nel momento presente. Il semplice ricordo dell’esperienza l’ha portato ad assumere una posizione contratta, con le spalle in avanti e il petto incassato, e a spostare indietro il baricentro. Da questa posizione trova difficile compiere un respiro completo fino in fondo. Prova a correggere la postura ma lo sente come un tentativo forzato, quasi innaturale. A questo punto gli propongo di sperimentare insieme quali effetti può avere praticare un gesto archetipico.

Cosa succede praticando un gesto archetipico?

Scendiamo entrambi in posizione di gattonata, la stessa su mani e ginocchia che teniamo da bambini prima di imparare a camminare, e ascoltiamo cosa cambia da qui. Dopo pochi secondi Sergio sente già il respiro un po’ più libero, effetto dovuto probabilmente alla diversa posizione dei polmoni rispetto alla forza di gravità. Allora inziamo a gattonare in giro per la stanza, cosa che Sergio non faceva da molto tempo e che, a detta sua, trova divertente e stranamente rilassante.

Trovata la coordinazione, va avanti per qualche minuto inserendo tutte le varianti che gli vengono in mente ed esplorando la stanza in tutte le direzioni.
Ad un certo punto è Sergio a fermarsi spontaneamente per dirmi che le sensazioni spiacevoli di qualche minuto prima sembrano sparite, e nota da solo che mentre mi dice questo anche la sua postura è molto più aperta. Resta solo il fatto che ancora non riesce a sentire il respiro arrivare fino in fondo ai polmoni, come se ci fosse qualcosa che lo frena a livello toracico.

Allora torniamo giù ma questa volta con una novità importante: partendo sempre dalla posizione della gattonata, andiamo ad appoggiarci a terra solo su mani e piedi, mettendoci così in quadrupedia. Rispetto alla gattonata è una posizione decisamente più impegnativa e che coinvolge più attivamente tutte le catene muscolari. Da qui chiedo a Sergio, quando si sente pronto, di fare qualche passo in quadrupedia. Nonostante un po’ di fatica muscolare, dopo i primi passi noto con piacere che si sta godendo le nuove sensazioni. Un attimo prima che io gli chieda come va, Sergio esclama “Che forza! Non l’avevo mai fatto ma… dà un’enorme soddisfazione!”, e lo dice con voce chiara e profonda.

Facciamo un po’ di pratica e, quando ci alziamo, le differenze rispetto all’inizio della sessione sono evidenti ad entrambi: Sergio mi esprime sensazioni di forza e stabilità, si sente centrato, e la sua postura lo conferma senza sforzi. Ora il petto è ben aperto, il baricentro più avanti e bilanciato, le spalle rilassate. Ma l’aspetto più importante riguarda il respiro, che riesce a riempire i polmoni donando a Sergio un senso di calma e di piacere.

Ed il problema non esiste più

Vedendo un cambiamento così radicale, gli chiedo come si sente adesso se ripensa alla situazione che lo faceva andare in ansia. Lui ci pensa qualche secondo, e con un’espressione stupita ma sorridente mi dice “Mi sento più sicuro, in effetti la posso affrontare, non sembra un problema”. Allora gli chiedo com’è prendere quella decisione se lui è in questo stato, e la risposta è breve ma decisamente esaustiva: “Facile, sono libero di farlo!”.

Dopo questa prima sessione ci siamo visti nuovamente per consolidare il cambiamento e sperimentare all’aperto altri gesti archetipici come ad esempio i lanci, i salti e le spinte. Per quanto riguarda l’inalatore, Sergio lo porta sempre con sé per sicurezza ma sostiene che, praticando ogni giorno un po’ di Movimento Arcaico, ad oggi non ha più sentito il bisogno di usarlo.

Nicolò De Leuce, laureato in Scienze Motorie ed esperto di Movimento Arcaico.

 


Hai anche tu o conosci persone con difficoltà respiratorie? Sei un professionista che si è trovato a trattare persone con asma? Lascia un commento con le tue domande 🙂


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