Circa due anni fa ad un mio corso si è iscritto un bellissimo bimbo di 4 anni (che chiameremo Marco), dal carattere apparentemente timido, di poche parole e che non voleva stare con gli altri bambini. In particolare non voleva togliersi le scarpe per nessuna ragione al mondo nonostante in palestra fosse vietato entrare con le scarpe; in poche parole passava tutta la lezione appoggiato al muro della palestra o in un angolino ad osservare gli altri da lontano e giocherellare tra sé e sé.
Cercavo di coinvolgerlo nei giochi, lo incitavo a venire con noi, mi mettevo accanto per parlargli, ma più cercavo un contatto più Marco si chiudeva in sé stesso, come un riccio che si stringe per farsi piccolo piccolo.
Così provai a fare esattamente l’opposto, facendo si che fosse lui, con i suoi tempi, a venire da noi quando se la sarebbe sentita.
Iniziavo la lezione facendo un cerchio con gli altri bimbi e lasciando un posto libero per Marco. Nonostante lui si mettesse in disparte, appoggiavo alcuni giochi vicino a lui sorridendogli, senza invitarlo a giocare con noi e mentre giocavo con gli altri bambini, a volte, gli sorridevo da lontano, senza la pretesa che lui venisse ma solo con l’idea di fargli capire che andava bene anche così, che non era obbligato a fare nulla.
Piano piano il suo interesse cresceva, iniziava ad avvicinarsi a tutti noi, quando non era osservato iniziava ad azzardare qualche parola con i coetanei. Non si toglieva ancora le scarpe e a volte scappava, ma era comunque un segno che qualcosa stava cambiando, che la strada dell’accettazione incondizionata e del dargli il suo tempo era giusta.
Infatti con il tempo diventava sempre più aperto al contatto e cominciò a giocare alla lotta, a correre per prendere o per scappare, cominciò a saltare dai grandi attrezzi (trave, spalliere…), a lanciare la palla e a giocare con le costruzioni, prima da solo, poi anche con gli altri bambini. A quattro mesi dall’inizio del corso in pratica partecipava a tutti i giochi con gli altri bambini, nonostante il dialogo fosse ancora moderato e le scarpe ancora ben allacciate ai piedi come se non si sentisse ancora pronto a lasciarsi completamente andare. Curiosa e felice di vederlo cambiare gradualmente, ho continuato a dargli il suo tempo e il suo spazio, lo coinvolgevo da lontano, gli facevo capire che era comunque parte del gruppo e che a suo modo si poteva ugualmente giocare insieme.
Ad un certo punto però è successo qualcosa, “un click” che ha portato Marco a sbocciare come un bellissimo fiore. È arrivato a lezione, si è tolto le scarpe, ha iniziato a giocare con gli altri bambini come se nulla fosse, ha iniziato a parlare molto di più e ad interagire! La cosa bella è che nessuno gli aveva detto né di togliersi le scarpe né di correre a giocare, semplicemente Marco se l’è sentita.
Probabilmente in lui era maturato qualcosa, forse un senso di maggiore sicurezza, forse la voglia di sentirsi libero, forse il desiderio di sentire i suoi piedi attivi e a contatto con il suolo, forse un senso di maggior protezione, chissà!
Credo che il fatto di non sentirsi obbligato a fare un passo più grande di lui, il fatto che si sia sentito rispettato in qualcosa che per lui era importante o che lo faceva sentire sicuro, nei suoi tempi e nei suoi modi, il fatto di sentirsi accettato, gli abbia dato la forza e la sicurezza di mollare un po’ la presa.
A distanza di un anno e continuando a frequentare tutte le iniziative che nel frattempo ho organizzato (centri estivi nel bosco, pomeriggi nella natura, etc.) Marco è completamente cambiato! Se lo si osserva si vede un bambino vivace e pieno di energia, creativo e fantasioso, educato e socievole, porta i suoi giochi e li condivide con gli altri, è propositivo e sempre in movimento, è una scimmietta che giocherebbe dall’alba al tramonto, regala i suoi disegni, è felice di far conoscere i tesori che ha scoperto.
Il Marco timido e chiuso nel suo angolino ha lasciato spazio ad un Marco allegro e sorridente, come un seme piantato e innaffiato a poco a poco, senza la pretesa che cresca subito ma lasciato spuntare dal terreno, crescere, rafforzarsi e con il tempo sbocciare in un bellissimo fiore!
Beatrice Perozzo, laureata in Scienze Motorie, insegnante di Educazione Fisica ed esperta di Movimento Arcaico.
Avere tempo e spazio è indispensabile per tutti. Ti concedi il tempo necessario o gli impegni quotidiani ti spingono a forzare certe tappe? E i tuoi figli? Raccontaci la tua esperienza 🙂