Molto spesso, nell’ambito della nostra cultura, si tende a relegare l’apprendimento esclusivamente alle sue fasi “passive” come, ad esempio, ascoltare le lezioni a scuola, o all’università, e studiare sui libri o su supporti audiovisivi. Le ore dedicate ai laboratori o comunque a fasi esperienziali sono scarse e spesso gestite impropriamente. Non mi riferisco semplicemente al sistema scolastico, purtroppo tale vizio di impostazione si ritrova anche in tanti corsi indipendentemente dalla materia insegnata e dall’abilità dell’organizzatore.
Tempo fa ho partecipato un corso in Francia tenuto da un esperto di neurologia il quale sosteneva che, secondo parte della letteratura scientifica e anche secondo la sua esperienza personale, una persona concentrata in un atto di apprendimento (uno studente o un allievo) non riesce a tenere un alto livello di attenzione per più di quattro minuti, forse cinque in caso di menti eccezionalmente portate; questo presupposto modificò nel corso degli anni il suo modo di fare lezione strutturando le sessioni mediante una serie di moduli didattici da tre minuti: tutto ciò che voleva trasmettere doveva necessariamente stare in questi moduli e ogni modulo doveva contenere un concetto che potesse essere elaborato poi, autonomamente, dallo studente. Ai tre minuti di spiegazione seguivano venti minuti di esercizio attivo sul concetto precedentemente esposto.
Se uno studente voleva porre qualche domanda o richiedere un chiarimento doveva necessariamente farlo dopo la fase dell’esercizio perché, sosteneva il docente, “tanto nessuno può aver capito niente solo con la teoria”. Imparai in questa occasione, e ne ho avuto la conferma poi, che la fase attiva-sperimentale dell’apprendimento è insostituibile e, se adeguatamente gestita, può permettere di sviluppare in pochi giorni una quantità di sapere e di abilità che altrimenti richiederebbero mesi o più.
Un tipo di corso che attualmente sembra andare molto di moda è quello di lingua, in particolare l’inglese: nelle lingue la fase attiva ha un’importanza ancora maggiore che in altri ambiti. La produzione del fonema è un gesto primitivo e come tale basa la sua perfettibilità su una serie di fenomeni inconsci di verifica i quali necessitano, già a livello basilare, di numerose prove dirette e un numero ancora maggiore via via che gli schemi si complicano. Ne consegue che durante, ad esempio, due ore di lezione ogni allievo deve avere la possibilità di provare a parlare con l’insegnante o con la classe per almeno un totale di 20 minuti come minimo. Questo è chiaramente impossibile in una classe formata da più di 6 allievi… per tale motivo i corsi con un numero maggiore di partecipanti si rivelano inefficaci, senza nulla togliere alla personale abilità didattica dell’insegnante o alla buona volontà degli studenti. Non a caso nelle nazioni Europee nelle quali le lingue straniere sono imparate efficacemente in ambito scolastico, come il Portogallo, i Paesi bassi o tutta la Scandinavia, ciò si verifica proprio grazie all’impostazione attiva che permea le lezioni.
Il ruolo dell’immaginazione
Un altro aspetto fondamentale dell’apprendimento è costituito dall’abilità individuale nel creare rappresentazioni mentali: ognuno possiede strategie personali per rappresentarsi interiormente la realtà e, per ogni materia di studio, alcune strategie sono meglio di altre per apprendere, ricordare ed elaborare. Le persone che, durante le varie fasi dell’apprendimento, si creano delle vivide immagini mentali del loro oggetto di studio, riusciranno a ricordare con più facilità ogni concetto ed anche a collegare meglio i vari passaggi così da sviluppare una più chiara visione d’insieme di tutta la materia. Tale abilità, che sembra essere prerogativa solo di alcuni, può essere in realtà appresa e sviluppata da chiunque; richiede solamente un minimo di metodo e di esercizio.
Oltre ad un appropriato utilizzo delle rappresentazioni interne esistono moltissimi modi per migliorare la propria abilità nell’apprendere; tra i vari autori che si dedicano all’argomento prediligo quelli che si concentrano nel fornire metodi pratici e possibilmente efficaci piuttosto che perdersi in disquisizioni: tra questi ultimi la psichiatra tedesca V. Birkenbihl ha scritto, a mio avviso, alcuni dei testi più interessanti in materia proprio perché ha sempre mantenuto fede ad un approccio semplice e comprensibile, teso a farsi comprendere e per nulla all’ostentazione. Purtroppo il suo testo in materia più significativo (Die Birkenbihl Metode, Fremdsprachen zu lernen – gehrin- gerecht ohne Vokabelpauken) non è ancora stato tradotto in Italiano. Un altro autore che ha rilevato sottilmente, e spesso in maniera del tutto indiretta, alcuni aspetti, soprattutto quelli auto-sabotanti, dell’apprendimento è Herrigel nel suo ormai storico “Zen e tiro con l’arco”, testo che ha involontariamente dato il via ad una serie di pubblicazioni che hanno sfruttato commercialmente il nome “zen” e la cui qualità lascia decisamente a desiderare, almeno dal punto di vista del contenuto. Vorrei infine segnalare M. Feldenkrais che nel testo “Le basi del metodo” riporta un aneddoto personale molto significativo che illustra quanto le idee preconcette possano rallentare e rendere più arduo l’apprendimento.
Ciò che possiamo trarre delle opere di questi e di altri autori sono alcune linee di condotta che un insegnante o un conduttore di corsi potrebbero assumere per ottimizzare i propri sforzi e quelli degli studenti: innanzi tutto dare la massima importanza all’esperienza soggettiva dell’allievo, cercando di ricalcare, per quanto possibile, le sue personali strategie di assimilazione; enfatizzare il ruolo attivo e quindi la pratica non solo come indispensabile “banco di prova” della teoria ma anche come strumento didattico di primaria importanza attraverso il quale ognuno può stimolare ed appagare il proprio interesse nei confronti della materia affrontata; incoraggiare sì a seguire le proprie naturali inclinazioni estrinsecando quindi i propri talenti individuali ma incoraggiare ancor più ad esplorare strade differenti e nuove per le quali magari ci si sente, impropriamente, poco portati, solo perché probabilmente sono state affrontate con superficialità o del tutto ignorate.
Di somma importanza è inoltre costruire, in chi apprende, una solida fiducia nelle proprie possibilità; la convinzione di poter imparare è una delle condizioni più importanti per creare un ambiente interno ricettivo e motivato.
molto interessante, esiste qualcosa in Italiano, che insegna metodi efficaci?
purtroppo all’università è tutto passivo e nessuno ti insegna un metodo giusto per te.
poi per studio attivo si intende anche cercare di ripetere un concetto? o anche quello è passivo?
Il fatto per esempio è che nonostante magari la materia sia affascinante di per se…. vuoi perchè vengono insegnate nozioni inutili, vuoi perchè la lezione è di una noia mortale e di tanti altri fattori… la voglia di studiare passa velocemente.
conosci altri testi, magari più legati all’apprendimento mentale, universitario?