Ultimamente ho proposto ai miei lettori un sondaggio sulle occasioni di recupero ed evasione da routine quotidiane monotone e restrittive. Le risposte mi hanno abbastanza stupito…
Nelle routine quotidiane e lavorative, sono ben pochi quelli che hanno occasione di esercitare in modo naturale e libero le proprie abilità:
E fin qui, niente di strano; non tutti riusciamo a trovare o costruirci un lavoro piacevole e sempre ricco di stimoli.
Ma considerando che il sondaggio era visibile solo dai lettori di Movimento Arcaico (quindi di un campione di persone già molto più sensibili della media a certi argomenti), mi ha sorpreso scoprire che - anche al di fuori del lavoro - la grande maggioranza dei miei iscritti passi lunghissimi periodi senza concedersi attività corporee che li divertano veramente:
Questo conferma però le sensazioni che ho nel relazionarmi tutti i giorni con le persone intorno a me:
siamo tutti a un qualche livello “compressi” e come se fossimo, almeno sotto certi aspetti, criceti in una ruota. Purtroppo questo è il risultato di anni e anni di ripetizione di schemi imposti da una società che va in una direzione che tutti conosciamo.
Quando la vita ci porta a cristallizzarci in routine monotone e magari malsane, corpo e mente perdono di vitalità e freschezza, manifestando sintomi che molti che molti ben conoscono, come:
- riduzione della motivazione nel lavoro
- perdita della curiosità, iniziativa e creatività
- perdita di passione e amore nella coppia
- insensibilità al bello e al nuovo
Via via che perdiamo la sensibilità agli stimoli offerti dal mondo ci orientiamo, per sopravvivere, verso le brevi scariche di dopamina offerte dall’intrattenimento di massa e dal mondo digitale, e diventiamo dipendenti da stimoli artificiali di cui necessitiamo a cadenze precise.
Cadiamo in stati di cinismo e vitalità ridotta, che sono all’opposto della condizione del bambino, che prova curiosità ed entusiasmo per tutto quello che lo circonda e va scoprendo, e che dappertutto vede occasioni di esplorazione, di sperimentazione, di sfida, in un continuo caleidoscopio di coinvolgimento e stupore.
Perché accorgersi di essere “entrati nella ruota” è sempre un po’ uno shock: ci si sente improvvisamente minorati o prigionieri.
Non a caso, quando i miei clienti mi dicono di voler migliorare la capacità di rompere schemi e abitudini, il linguaggio che usano rimanda spesso all’idea di “spezzare le catene”.
A volte le abitudini si radicano così profondamente da farci sentire bloccati a livello della nostra prima e più profonda “scintilla vitale”. E allora sentiamo quelle abitudini come delle catene interiori che impediscono o almeno ostacolano il movimento, quel senso di crescita, di progresso, di evoluzione che per molti dà significato all’esistenza.
Certe persone arrivano a credere di non aver più la possibilità di spezzare le catene delle “solite cose” e per questo si sentono profondamente avvilite.
Ma esiste il modo di ritrovare rapidamente vitalità e gioia per la vita. E non è nemmeno difficile come puoi pensare.
Prima di tutto diciamo una cosa: la ripetizione di schemi non è necessariamente nociva. Al contrario, saper stabilire e seguire abitudini e routine è un’abilità fondamentale per la sopravvivenza del singolo e della specie.
Questo era vero per i primi homo sapiens (per approfondire suggerisco i bellissimi testi di Ian Tattersall, uno dei miei autori preferiti), ma è vero a maggior ragione in una società moderna, più complessa e ricca di stimoli cognitivi.
Nell’economia della psiche e della fisiologia umana, il ricorso agli schemi ripetuti è semplicemente uno strumento, un mezzo per un fine.
Ora ti chiederai: ma se l’abitudine e la creazione di schemi ripetitivi è una scelta che la natura ha previsto per noi, come è possibile che i suoi effetti risultino così deleteri?
Perché ogni funzione sana e naturale può avere effetti dannosi quando è stimolata, impiegata in modo eccessivo e sproporzionato, e soprattutto, quando viene troppo privilegiata rispetto al “polo” funzionale ad essa opposto.
La natura, infatti, prevede anche la funzione opposta all’abitudine, cioè la risposta fresca e originale a uno stimolo nuovo. Esiste la preparazione, ed esiste l’improvvisazione. Esiste lo stimolo ordinario, e quello straordinario. Esiste la risposta subconscia, automatica e “assente” a un evento ripetitivo e ben conosciuto, ed esiste lo stato di vigilanza, eccitazione e presenza evocato dal percorrere vie inesplorate, dalle sorprese, dalla percezione di potenziali pericoli o opportunità fuori dalla norma, eccetera.
Considera che il contrario di un’eccessiva ripetizione di schemi - cioè il susseguirsi continuo di eventi “straordinari”, non riconducibili a schemi conosciuti, che ci mantengono in uno stato di incertezza e allerta - è anch’esso deleterio per il nostro equilibrio psicofisico (il 2020 ce l’ha ricordato senza molta grazia).
La legge Yerkes-Dodson suggerisce che le prestazioni ottimali dell’organismo si verificano al punto di equilibrio tra un’eccitazione insufficiente (monotonia e mancanza di sfide = apatia, demotivazione) e un’eccitazione eccessiva (eccesso di stimoli, sfide, incertezze = stress, logoramento).
Per mantenere uno stato di salute e funzionalità ottimale, entrambe le polarità vanno attivate regolarmente.
E se ti trovi in uno stato di apatia, avvilimento e grigiore, la strada per ritrovare vitalità, entusiasmo e slancio per la vita passa in effetti per l’attivazione della polarità dello “stimolo straordinario”.
E come avviene tale attivazione?
Vi sono esperienze archetipiche presenti in tutte le culture e le società umane che rompono la monotonia e conducono in una dimensione psichica “fuori dall’ordinario”. Tra cui troviamo:
- l’esplorazione, il movimento in territori inesplorati (in senso ampio)
- la ricerca e il procacciamento delle risorse (caccia e raccolta…o freelancing e imprenditoria)
- la creazione ed espressione artistica
E naturalmente, l’amore romantico/sessuale, che fra tutte le esperienze umane archetipiche (almeno fra quelle piacevoli) è quella che induce la più vivida “rottura della monotonia”, e che conduce in uno stato di “realtà separata”, o percezione alterata della realtà.
Purtroppo, l’innamoramento e la passione sessuale non sono sempre necessariamente disponibili a tutti in ogni momento…
Ma esiste un’altra esperienza - la sola che abbia effetti altrettanto profondi - a cui possiamo ricorrere per rivitalizzare il nostro sistema: l’esperienza del GIOCO.
Il gioco è l’attività spontanea con la quale i mammiferi (non solo i cuccioli, ma anche gli adulti) mantengono la freschezza del corpo e dello spirito creando continue innovazioni, ribaltamenti di prospettiva e di significato. Non parliamo tanto di giochi standardizzati e regolamentati (come gli sport), ma di gioco libero, privo di scopo o con scopi improvvisati, privo di schemi o con schemi fluidi: i giochi che inventavamo da bambini.
Te li ricordi?
Ricordi cosa si prova a giocare liberamente, con totale abbandono e trasporto, in una dimensione interamente depurata da preoccupazioni, urgenze e altri opprimenti “distrattori” del mondo degli adulti?
Quel giocare è da un lato - e soprattutto per i cuccioli/bambini - una forma di preparazione intensiva dell’organismo alle sfide che lo attendono nel mondo adulto. Dall’altro - soprattutto per gli adulti - è anche una forma di ricreazione, di recupero, perché induce uno stato di profonda e rilassata concentrazione senza doverla forzare con l’autodisciplina.
È scientificamente provato che questo tipo di gioco “naturale”, “originario”, apporta potentissimi stimoli neurotrofici, ossia, stimola la produzione di sostanze che favoriscono la costruzione di nuove strutture cerebrali.
Tornando alla legge di Yerkes-Dodson sullo stato ottimale di eccitazione: il gioco induce esattamente quello stato ottimale, essendo al tempo stesso rilassante e stimolante. In questo senso, possiamo considerare il gioco una pratica adattogena, ossia una pratica che aiuta il corpo e la mente a modulare la risposta allo stress.
Sono solo alcune delle ragioni per cui, fra le cose che insegno e i metodi che impiego nel Movimento Arcaico, il gioco è senz’altro uno dei più potenti e uno dei miei preferiti.
Coltivare la dimensione de gioco permette di:
- creare occasioni profondamente ricreative dovunque tu sia, senza bisogno di spostarti e pagare costose vacanze
- recuperare e mantenere facilmente quella sensazione di freschezza e piacere naturale nel fare le cose che a volte chiamiamo “gioia di vivere”
- stimolare le parti del nostro cervello dedicate alle abilità sociali, portandoci a capire meglio le persone e ad adottare intuitivamente strategie più efficaci nei rapporti
- aumentare le prestazioni psicofisiche nel lavoro, nell’arte e nello sport
prevenire e invertire la decadenza delle facoltà fisiche e cognitive negli over 60 - massimizzare e proteggere lo sviluppo cerebrale nei bambini
E la cosa più bella è che...
...per ottenere tutto questo non dobbiamo né ricorrere a sostanze esterne, né sottoporci a pratiche difficili e noiose: al contrario, dobbiamo deporre le zavorre e tornare a divertirci liberamente come quando eravamo bambini!
La pratica del gioco è archetipica: è presente dentro ognuno di noi e ha solo bisogno di essere riattivata. Lo puoi fare da solo, semplicemente esplorando, sperimentando e lasciandoti andare. E una volta trovato l’accesso a questa dimensione un po’ magica e incredibilmente rivitalizzante, puoi entrarvi nuovamente in qualsiasi momento lo desideri.
Se stai pensando “sarebbe bello…ma come faccio da solo? Non ho tempo…non so da dove cominciare…”
…sappi che l’hanno fatto persone inferme, costrette a letto in ospedale, l’hanno fatto alcuni in situazioni di prigionia estremamente dura, lo fanno tutti i giorni persone che hanno subito gravi incidenti e soprattutto lo fanno persone strapiene di impegni…che però non rinunciano a questo aspetto fondamentale.
Perché il gioco non ti sottrae tempo ed energie: se impari ad aprirti ad esso, te li restituisce con gli interessi.