Tre principi antifatica

di Massimo Mondini

Anche se le ricerche sulla fatica stanno producendo una moltitudine di nuovi dati e anche se la fatica associata allo stile di vita moderno è molto più variegata e subdola di quella di pochi decenni fa, rimane secondo me molto utile riconoscere e comprendere la saggezza degli antichi.

Le antiche culture ben conoscevano i fenomeni di affaticamento simili a quelli moderni a causa degli stress derivanti da una frattura radicale ed evidente con lo stile di vita realmente naturale.

La società stratificata, la necessità di controllare le emozioni primarie, il lavoro ripetitivo e la vita intellettuale ormai sintonizzata su astrazioni, simboli e progetti aveva creato la necessità di affrontare una serie di fatiche impensabili per i loro progenitori raccoglitori-cacciatori.
Fortunatamente i solidi principi delle loro sapienza e soprattutto l'essere ancora abbastanza connessi ad una memoria atavica, alla percezioni primarie e ai ritmi della natura permise loro di comprendere a fondo il problema da una posizione di centratura e comunque ricca di risorse. E i loro insegnamenti sono più che mai attuali e utilizzabili.

Vediamo qualche esempio.

C'è un utilissimo principio nella Medicina Tradizionale Cinese che sostiene che a portare affaticamento non è il lavoro in sé ma è lavorare coi tempi e i ritmi sbagliati come ad esempio fare un lavoro fisicamente impegnativo dopo il tramonto oppure a stomaco pieno, ecc. 

Potrebbe sembrare banale ma non lo è per niente! I cinesi hanno sviluppato delle metriche precisissime in merito e ora tutta la scienza della cronobiologia sta dimostrando sempre di più quanto i nostri ritmi biologici (circadiani e infradiani) possano modificare drasticamente il funzionamento dei nostri sistemi energetici.

La saggezza degli Yoruba e in generali di tutte le popolazioni dell'Africa subsahariana occidentale dicono che la fatica arriva subito se lavori senza ritmo; se invece hai il ritmo giusto puoi lavorare dall'alba al tramonto senza stancarti.

Ed è meraviglioso vedere come applichino questo ritmo non solo nelle attività dove è possibile imprimere una cadenza come ad esempio zappare, falciare o mondare il raccolto ma anche in quelle dove il ritmo apparentemente non è così importante, come ad esempio la caccia o il trasporto di grossi carichi.

Nella cultura Malinke, diffusa in molte nazioni dell'Africa occidentale, ricorrono molto spesso due detti: ”Non c'è vita senza ritmo” e, ancora più interessante, “Non c'è movimento senza ritmo!” 

Un europeo può credere che un movimento abbia o non abbia ritmo, un danzatore ivoriano no. Per il maestro di ritmo malinke ci sono solo ritmi adeguati e ritmi meno adeguati, con quelli non adeguati si fa fatica con quelli adeguati invece l'energia scorre libera.

Anche nelle culture agricole europee e di ogni altro continente durante il lavoro si intonano canti per trovare quel ritmo e quella coralità che facilitano il lavoro singolo e di gruppo (oltre ad allietare lo spirito e facilitare la respirazione, fattori importantissimi) ma ciò non deve farci credere che l'approccio e i risultati siano identici a quanto avviene in Africa.

Ricordiamo che già nel 1922 il noto etnomusicologo Erich von Hornbostel notò che la percezione e l'esecuzione ritmica delle popolazione dell'Africa nera era molto più sentita a livello muscolare rispetto a quanto avviene  nella popolazione europea.

I grandi maestri dell'antichità nell'area mediterranea avevano colto un principio universale, un archetipo del movimento efficace che gli Antichi Romani hanno nominato Festina Lente cioè “affrettati lentamente”, un ossimoro assimilabile ad un Koan.

Il principio biologico e fisico corrispondente a questo antico suggerimento è che il movimento rallentato a volte ottiene risultati migliori e più rapidamente del movimento rapido. Lo scatto è necessario solo in determinati frangenti, altrimenti è addirittura controproducente, non solo perché ci fa bruciare tutte le energie ma anche perché ci può portare a grossi errori di valutazione.

A volte  questi principi della saggezza antica sollevano delle obiezioni:

“Sì, dicono bene i maestri cinesi di lavorare seguendo i propri ritmi ma se il mio orario di lavoro è questo non posso andar dal mio capo e dire che non è affine al mio bioritmo”
“Rallentare??? come posso anche solo pensare di rallentare se ho la deadline  dopodomani???”
“Capisco che gli africani falcino il grano a tempo, cantando, ma io che faccio un lavoro di grande concentrazione e lavoro più che altro col PC se canticchio mi distraggo e basta”

Insomma questi principi sono affascinanti ma purtroppo non sono applicabili nel nostra realtà.

Invece sì.

Questi principi funzionano a prescindere, sta a noi trovare il modo di applicarli per il nostro massimo bene.

Ad esempio, anni fa un mio amico non riusciva a finire un capitolo fondamentale del suo libro, mi diceva di avere tutte le idee ben chiare in testa ma, data la difficoltà di quel passaggio, non riusciva a metterle in forma scritta. Abbiamo fatto qualche semplice esercizio ritmico applicato alla scrittura e il giorno dopo ha finito il capitolo con facilità ed è anche riuscito meglio di quanto si aspettasse. Lui è rimasto molto stupito di quell'effetto, come se fosse una cosa ai limiti dell'impossibile ma, se ci pensiamo, il linguaggio naturale si articola su basi ritmiche e le funzioni cerebrali legate alla composizione del linguaggio funzionano sulla base di impulsi neurali ritmici, quindi perché stupirsi?

Il ritmo è il mezzo dell'espressione del potenziale nel mondo della realtà fisica.

Una mia cliente, appassionata di crescita personale, si era convinta che avesse bisogno di rallentare e aveva letto tutti i vari libri sul concetto di rallentare ma poi non riusciva ad applicare nulla di tutto ciò sia perché la sua giornata era pienissima sia perché durante tutta la giornata si sentiva molto attivata, scattante e a tratti un po' ansiosa. L'unico momento in cui si rilassava completamente e poteva concedersi di rallentare era nei periodi di vacanza e durante gli stage di Yoga che seguiva ormai da anni.

In questo caso abbiamo fatto tre sessioni, divertenti, tutte sul principio del Festina Lente o meglio, acquisire la capacità di accelerare e rallentare sulla base di quanto realmente ci è richiesto dal momento e non sulla base della nostra ansia o delle aspettative. L'effetto di sintonizzazione con sé stessi è molto chiaro, e la mia cliente ha iniziato a svegliarsi senza più accumulare nel cervello tutte le cose da fare ma ad agire con calma già da prima della colazione per arrivare a sera avendo fatto tutto quello che la giornata le metteva davanti.

Comprendere un principio non basta, così come non basta innamorarsene, è nel momento in cui lo applichiamo realmente nella nostra vita quotidiana che allora le cose iniziano a cambiare.

Il miglior impiego dell'energia è un principio biologico fondamentale, da sempre ogni organismo vivente ricerca tutti i modi possibili per avere i giusti livelli di energia, è fondamentale comprenderlo profondamente e applicarlo nel nostro mondo che letteralmente ogni giorno diventa sempre più complesso e frenetico.


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