Bambini stressati già all’asilo nido

di Luisa Mario

Non ero un’educatrice alle prime armi quando è successo questo episodio e quell’evento è rimasto nella mia memoria perché ha segnato un passaggio nella mia vita.
Quella bambina era entrata al nido alcuni mesi prima e ancora non si era adattata. Nonostante cercassi di coccolarla e coinvolgerla piangeva quasi tutto il giorno e quando non piangeva stava in un angolo e mi guardava con uno sguardo tristissimo con il suo ciuccio in bocca

Il giorno che ricorderò tutta la vita

Un giorno mettendola a letto piangeva più del solito e non si calmava. La rimettevo sdraiata, ma lei continuava ad alzarsi e anche se la prendevo in braccio si dimenava. Non si dava pace. Ero esausta. A quel punto dopo mesi di tentativi non riusciti una parte di me ha ceduto e ho pianto anch’io empatizzando con il suo dolore, impotente di fronte a lei.
Quel giorno lo ricorderò tutta la vita. Da quel momento ho saputo che quel lavoro non faceva più per me. Non l’ho saputo a livello razionale, ma tutte le cellule del mio corpo, piangendo con quella bambina, stavano urlando “Questo non è il posto adatto a lei e non è il posto adatto a te”. Io ho potuto scegliere di andarmene da quell’ambiente, ma ai bambini non viene permesso, nella maggioranza dei casi.

Sono passati molti anni da allora e quella bambina dopo poco tempo ha smesso di piangere e ha cominciato a sorridere e fra noi si è instaurato un legame molto bello. Grazie a quella bambina ho scoperto che noi adulti facciamo di tutto per forzare i passaggi di crescita dei bambini, li vogliamo indipendenti, autonomi, vogliamo che imparino a “camminare sulle loro gambe” quando ancora non sono pronti.

È troppo mammona

Purtroppo nella nostra testa (e anche nella mia di allora!) macinano tante convinzioni dettate dai nostri condizionamenti culturali in cui la donna non può fare “solo la madre”, i genitori hanno bisogno dei loro spazi, devono lavorare e i bambini prima o poi si devono staccare perché non è bene che siano troppo “mammoni”.
In effetti la mamma di quella bambina aveva giustificato la scelta di iscriverla al nido proprio dicendomi: “E’ troppo mammona”. Aveva un anno di vita!

Credo che in tutto questo ci sia qualcosa che non va.

Quel pomeriggio in cui mi sono trovata in lacrime disarmata di fronte al suo pianto quella piccola ha toccato un punto sensibile in me e ha fatto emergere forte il mio istinto materno che rispondeva al suo grido inconsolabile “Accogli il mio pianto, la mia disperazione, rivoglio la mia mamma”. Come educatrici siamo formate a dare per scontate queste reazioni dei bambini e così, di solito, non ci soffermiamo a sentire, annulliamo dentro di noi quella parte sana e materna che con queste reazioni entra in empatia… non ci possiamo fermare ad empatizzare davvero, perché se lo facessimo, probabilmente, smetteremmo di fare quel lavoro. E in effetti è stato quello che ho scelto di fare.

Ringrazio quella bambina che ha risvegliato in me il desiderio di contribuire a rafforzare il legame di attaccamento fra genitori e figli, attraverso dei corsi e consulenze, invece di contribuire alla loro separazione.

Stressati fin da piccoli

Sicuramente qualcuno di voi starà pensando: “Ma non tutti i bambini hanno queste reazioni alla separazione, il mio va così volentieri al nido!”. E poi comunque i genitori devono lavorare. La scelta di mandare il bambino al nido è sicuramente fatta pensando che sia l’opzione migliore per i piccoli. In realtà leggendo quel che scrivo nelle prossime righe vi renderete conto che per un bimbo della nostra società, fino ai tre anni, l’ideale è stare con i genitori (salvo casi di deprivazioni culturali e patologie), con i nonni o con una babysitter fidata.

Forse non sapete, e neanche io lo potevo immaginare, che anche se i bambini al nido sembrano tranquilli hanno alti tassi di cortisolo, l’ormone dello stress. Lo dice uno studio del 2005 svolto all’Università di Cambridge i cui risultati sono allarmanti. Secondo questo studio i bambini, dopo cinque mesi dall’ingresso al nido, venivano percepiti come ben inseriti dal momento e non manifestavano segnali di disagio, ma i loro livelli di cortisolo erano comunque molto più alti dei bambini della stessa età che stavano a casa.

Ascoltiamo le necessità dei bambini

Nella nostra società e nella politica dei nidi viene caldeggiata la separazione del bambino dalla madre che, secondo questa visione, ne uscirà più autonomo, più forte e capace di socializzare. Il bambino fino a tre anni non è in grado di socializzare davvero, è in una fase ancora fortemente egocentrica che gli rende impossibile condividere i giochi e giocare insieme agli altri. Fino a tre anni il bambino è ancora impegnato a costruire la sua identità, necessita di una relazione individualizzata con un adulto amorevole, attento e presente La separazione precoce in questa fase creerà una ferita dentro di lui.

Se i bambini vengono buttati nel mondo con un calcio nel sedere, quando ancora non sono pronti, non si rafforzano, ma si induriscono. Si creano delle corazze dietro cui rimane un nucleo di sofferenza, un bisogno di amore che chiederà sempre di essere colmato.

Luisa Mario, educatrice per l’infanzia da più di una decade ed esperta di Movimento Arcaico.

 


Cosa ne pensi della consuetudine di mandare i bambini troppo presto all’asilo nido?


  • Questo tema andrebbe sviscerato ulteriormente per poter davvero far comprendere le motivazioni che porti e che io condivido ( da collega e da madre). Aggiungerei che diventare genitori è una scelta che dovrebbe inevitabilmente comportare delle rinunce e/o dei cambiamenti nella gestione familiare degli impegni ( lavoro, studio, benessere personale ecc). Purtroppo in Italia c’è la tendenza a non voler rinunciare a nulla , seppur in maniera temporanea, e già dai primi mesi di vita del piccolo si vorrebbe tornare subito a lavoro, in palestra ecc. La famiglia oggi tende a delegare fin dai primi momenti l’educazione e le cure del piccolo. Personalmente questo mi rattrista molto. Credo che a tutela dei nostri bimbi il nido vada consentito senza eccessi nelle ore e nei giorni di frequenza. Troppo spesso si abusa del tempo che un bambino così piccolo può sostenere lontano dalle figure genitoriali.

    • Grazie Roberta per il tuo commento.
      Sono d’accordo con te che l’argomento è ampio e complesso e andrebbe approfondito maggiormente.
      Comprendo la tua tristezza nel constatare come, spesso, venga delegata l’educazione e la cura dei piccoli. Mi viene in mente, a questo proposito, un’altra forma di delega tipicamente moderna, che è l’intrattenimento con dispositivi tecnologici fin dalla più tenera età.
      Il mio scopo con questo articolo era di condividere la mia esperienza e far riflettere sulla consuetudine di utilizzare i servizi per la primissima infanzia in modo massiccio e magari con scarsa consapevolezza.
      I primissimi anni di vita dei bambini sono preziosi e questo tempo, sono d’accordo con te, andrebbe per quanto possibile salvaguardato.

  • Sono mamma di una bimba di due anni, lavoro come autonomo in smartworking, ho un marito militare spesso in missione e la famiglia lontana. Ho iscritto la bimba al nido, lei sembra tranquilla e impara tanto, ma…si ammala talmente tanto che io non riesco neanche più a lavorare, annullati i benefici, chiamo una babysitter e me la tengo in casa. Pago per tenerla a casa col febbrone, nessun tentativo di far stare i bimbi all’aria aperta, tutti chiusi ad incubare. Onestamente, adesso basta. Si ammalerà alla scuola materna? Bene, non pago almeno. Sono sola, stanca e con una situazione aggravata piuttosto che migliorata.

    • Gentile Silvia, posso comprendere i suoi vissuti. Capisco la grande difficoltà di districarsi fra famiglia( occuparsi di un bambino piccolo è impegnativo!)e lavoro, senza il sostegno di nonni e del coniuge.
      In questo caso qualsiasi tipo di aiuto diventa necessario.
      Putroppo, poi, alcuni bambini si ammalano talmente tanto che, ad un certo punto, sono più a casa che al nido…anche questa diventa una complicazione.
      In questa società i genitori sono spesso costretti a fare salti mortali per gestire il quotidiano, che li privano della serenità.
      Sono d' accordo con lei, non dovrebbe essere cosi. Un genitore, una madre,non dovrebbe vivere un senso di solitudine ed esasperazione.
      Purtroppo la società in cui viviamo non sostiene l' essere umano, che sia piccolo o adulto, nei suoi bisogni.
      Mi rendo conto che l' articolo che ho scritto avrebbe avuto bisogno di più specificazioni.
      In un semplice articolo o in un commento non si riesce a sviscerare tutto ciò che di complesso c'è da dire su questi temi, che vanno così profondamente a toccare la nostra sensibilità, biologia, emotività, cultura e credenze.
      Non è una società né evoluta né moderna, dal mio punto di vista, quella che costringe un genitore a scegliere fra il lavorare per vivere e separarsi dal proprio cucciolo di 6 mesi, un anno. Né quella in cui un genitore è solo senza il sostegno di una comunità per crescere un bambino.
      Nella mia visione una società evoluta non divide, ma unisce, rispetta i bisogni degli esseri umani, i bisogni biologici di accudimento e di crescita, come di supporto e realizzazione.
      Una bambina di 2 anni, come la sua, (generalizzo, anche qui ci possono essere differenze individuali)ha una struttura piu' forte, di un bambino di sei mesi o un anno, per affrontare la vita di comunità.
      Le auguro che troviate, lei e la sua famiglia, un modo di stare insieme più sereno e che questo momento difficile passi velocemente

  • Articolo assolutamente straordinario. Sono una mamma e mi chiedo come si possa concepire il concetto : annullarsi se ci si dedica al proprio bimbo e si sceglie di fare la mamma fino in fondo? Le donne con prole che affermono ciò non sono degne di esssre chiamate mamme! Ci si annulla ad essere solo mamma? No! È l esperienza più umana, gratificante che una persona possa avere in vita!

    • Non sono andata all’asilo nido e non vi manderò i miei figli. Sono d’accordo che non sia un posto adatto e che ora che ci sono più asili convenzionati che altro! Ormai è un business. Essere madre è un diritto di ogni donna e mi trovo in disaccordo con la signora che dice che chi si sente annullata come donna facendo la madre non è degna di essere chiamata tale. Ognuno è madre a modo suo ma si DEVE AVERE LA POSSIBILITÀ di lavorare di meno e di scegliere. Non sempre ci si può permettere una babysitter fidata e c’è chi non ha i genitori(nonni) viventi o in grado di accudire i bambini e starci insieme in maniera costruttiva. Lo stato dovrebbe aiutare di più (es Svezia e tutti gli altri paesi scandinavi).
      Ps Non vuole essere una critica politica anche perché l’Italia è uno dei pochi paesi dove c’è ancora il concetto di “maternità”!

  • Educatrice di nido da 15 anni, la penso esattamente come te, soffro tanto ma finalmente posso dire che a giugno concluderò questa esperienza.

  • Sono perfettamente d’accordo con lei Daniela. Purtroppo quello che spesso succede è che si fa di necessità virtù.. il nido, nato per venire incontro alle esigenze di lavoro delle donne e quindi del mercato del lavoro, è finito per diventare un’irrinunciabile scelta educativa.

  • Mi piace questo punto di vista!!la nostra è l’unica società che vuole bimbi autonomi fin dall’inizio , bambini che “non rompano le scatole” . Nelle comunità che riteniamo meno evolute è normale che il piccolo stia in braccio o sulla schiena della madre , che dorma con lei e che la segua almeno fino alla fine dell’ esogestazione. Certo dobbiamo lavorare! Ma sarebbe piu corretto dire: l’ho messo al nido perchè non avevo altra scelta piuttosto che dire l’ho iscritto perchè farà bene a mio figlio!

  • Gentile Luisa, la ringrazio per aver condiviso la sua esperienza personale, che dovrebbe appunto essere colta come sua personale visione del mondo degli asili nido e non come la verità assoluta.
    Esisteranno anche studi che, come dice lei, provano che l’ideale per un bambino di età inferiore ai tre anni è stare con i genitori, ma le assicuro che esistono studi altrettanto attendibili che provano esattamente il contrario, come appare evidente da questo articolo pubblicato on line https://www.uppa.it/educazione/scuola/asilo-nido-fondamentale-nello-sviluppo-del-bambino/.
    Io ho preferito affidare mia figlia (a partire da 14 mesi) ad un asilo privato piuttosto che ad una baby sitter full time o ai nonni proprio perché sono convinta che un bambino ha bisogno di stare con altri bambini e non solo con un adulto “amorevole, attento e presente”.
    Piuttosto credo che fondamentale è un buon inserimento al nido, che deve rispettare i tempi del singolo bambino (in particolare l’inserimento di mia figlia è durato ben 3 settimane).
    Adesso lei è tranquilla al nido, è socievole e molto più contenta di altri bambini che non frequentano il nido.
    Mi ricordo ad esempio di un bambino che abbiamo conosciuto in un ristorante, che non voleva assolutamente lasciar andare via mia figlia e che si è messo a piangere disperato quando siamo andati via (la madre mi ha detto che stava a casa con lei e non frequentava il nido).
    Non ne posso più di articoli come il suo che colpevolizzano le madri che lavorano e che le fanno sentire inadeguate solo per aver scelto di non annullarsi nel proprio ruolo di madre, anche perché nonostante il mio lavoro mi ritengo una brava madre e mia figlia è una bambina serena.
    Forse il suo contributo potrebbe essere più apprezzato se contestualizzato e non “arcaico”.
    Ben venga la diffusione di idee che minano la convinzione che non c’è spazio nella vita per se stessi e per la famiglia, ma solo per il lavoro, ma attenzione a non proporre schemi legati al passato e fondati su concezioni di vita che non tengono conto della realizzazione personale come diritto fondamentale dell’uomo.

    • Grazie Roberta, per aver condiviso la sua personale esperienza. Il mio articolo è, naturalmente, frutto della mia esperienza personale e professionale, oltre che di studi, ricerche e osservazioni approfondite durate oltre vent’anni.
      Con questo articolo non intendo colpevolizzare nessuno e, come ho scritto, i genitori iscrivono i bambini al nido pensando che sia la soluzione migliore. Anche io 10 anni fa sarei stata di questo avviso. Ora, come ho specificato, salvo casi di patologie dei genitori o deprivazioni culturali, non lo consiglierei. Questo perché, pur essendo i nidi ambienti dove gli stimoli sono molto più ricchi e vari che nella maggior parte dei contesti domestici odierni, al nido mancano al bambino in modo sufficiente:
      -flusso di amore continuo e senza condizioni,
      -contatto fisico,
      -possibilità di essere visto.
      Per quanto le educatrici possano essere amorevoli e pazienti, attente, dolci e preparate, proprio per come è organizzata la struttura nido in sé, non può garantire tutto ciò ai piccoli . L’ attenzione, le coccole e cure delle educatrici si dividono, se va bene per 5 bambini, se va male, per più di 7. Possono voler loro bene, curarli con dedizione e attenzione, ma una relazione d’amore è un’altra cosa. Tratterò in un altro articolo le caratteristiche di una relazione amorevole con i bambini. Fare esperienza dell’amore, nel primo periodo di vita, è ciò che rende in grado il bambino di amare. E la relazione d’amore ha bisogno di tempo e quotidianità per l’instaurarsi e rinsaldarsi. Così come il bambino ha bisogno di uno sguardo amorevole continuo su di sé per sapere chi è. Mi rendo conto che la risposta non è esauriente e non prende in considerazione molti altri aspetti specifici, che approfondirò in altri articoli.

  • Verissimo, sperimentato tante volte con i miei figli.
    La tristezza…tutti quegli educatori che tengono riunioni per i genitori in cui vengono convalidate frottole senza supporti pedagogici….a puro vantaggio di tempo ed economia.
    Gli asili nido mi mettono una gran tristezza…ci pensano già le scuole a togliere ogni poesia….
    La nostra epoca vuole precocizzare tutto, bruciare le tappe per poi guardare le foto….
    Slow time, slow food….abbiamo bisogno di creare movimenti che ci ricordano che abbiamo bisogno di tempi più dilatati…
    Benvenuti tutti quelli che mettono in discussione questi schemi, in qualunque ruolo essi siano.

  • Davvero bellissima ed emozionante testimonianza. La sensibilità congiunta di piccola e adulta, che si accendono reciprocamente sfociando in un pianto comune, sono la prova di quanto sia necessario rivedere in toto i concetti di accompagnamento alla crescita dei nostri figli.
    Nei miei 2 anni di paternità, grazie ad alcune persone che hanno accompagnato me e la mia compagna nell’affrontare la nascita di nostra figlia e i suoi primi passo nel mondo, ho preso la consapevoleza di quanto questa società tenda ad accelerare tutto, compreso il distacco dei figli dai genitori in maniera prematura, in nome di un sistema sempre più schiavo di logiche non umane.
    Grazie per essere una educatrice illuminata.

  • FINALMENTE un’Esperta,una persona del settore,che ufficialmente mette per iscritto un punto di vista osservato e documentato,controcorrente magari(con tutta la fretta di ottenere risultati,al giorno d’oggi),ma assolutamente vero!!!
    Come dire: “I bambini devono fare i bambini!” sono gli adulti che devono regolare i propri ritmi, sul loro(dei bimbi) mondo di scoperte,tempi,condivisioni ecc.ecc..
    Da mamma,ho proprio questa visione,ma molto spesso si è ostacolati da tutto un sistema dato dal tessuto sociale di appartenenza che non prevede pause..
    Lavoro, scelte obbligate dall’ economia familiare, dalla disponibilità o meno di parenti o amici..
    Tutto crea un percorso in cui i bimbi vengono spinti,nonostante io stessa ammetta di preferire poter far scelte diverse..
    Alla fine si confida nel trovare educatori altrettanto “illuminati” che nel loro piccolo di un asilo,riescano ad “attutire” questo impatto ai bimbi..

  • Grazie a tutti. Credo sia importante contribuire a diffondere un pensiero che vada nella direzione dell’ascolto effettivo dei bisogni fondamentali dei bambini. Questo è il mio scopo.

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